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Anticoagulanti: gli effetti dei nuovi farmaci rispetto alle vecchie terapie

Anticoagulanti: rischio sanguinamento post-operazione chirurgica orale superiore con alcuni nuovi medicinali

Per più di 60 anni, warfarin e derivati cumarinici sono stati la terapia di anticoagulanti per eccellenza, l’unica disponibile per via orale, praticamente.

Con problemi, però: interazioni multiple con farmaci e cibi, stretto intervallo terapeutico e necessità di un monitoraggio particolarmente attento. Da una trentina d’anni sono arrivati i nuovi anticoagulanti orali (Nao), il che ha minimizzato i fastidi per il paziente.

Questi medicinali sono classificati come inibitori diretti del fattore X (rivaroxaban, apixaban ed edoxaban) e inibitori diretti della trombina (dabigatran). Gli uni o gli altri dipendono da patologia e da funzionalità epatica e renale.

Anche queste terapie hanno controindicazioni: i costi e l’assenza di antidoti. Solo il dabigataran ha un medicinale, l’idarucizumab, che può contrastarne l’effetto. Quest’ultimo è però utilizzabile soltanto in ospedale.

Infine, la gestione di questi farmaci negli interventi di chirurgia orale non è ancora stata chiarita totalmente.

A giugno 2018, un’analisi pubblicata sull’International Journal of Oral and Maxillofacial Surgery ha analizzato il rischio post-operatorio dopo interventi di chirurgia orale.

Studiato l’incremento del tasso di sanguinamento, in particolare, focalizzando l’attenzione sul rischio legato a ciascun farmaco e comparando i nuovi anticoagulanti con i vecchi derivati cumarinici.

La revisione sistematica è stata condotta in accordo con il protocollo Prims, utilizzando i database PubMed, Scopus, Web of Science e Cochrane Library. L’analisi statistica utilizzando il software Prometa3.

La ricerca iniziale ha prodotto 1.835 risultati. Al termine dell’ultimo screening, 13 articoli sono stati inclusi nella revisione, sei sono entrati nell’analisi quantitativa.

Il rivaroxaban era il NAO più frequentemente utilizzato (62,6%), seguito dal dabigatran (26,1%) e dall’apixaban (11,3%); non erano presenti studi con dati riguardanti l’edoxaban.

Sei lavori (il 46,1%) non portavano modifiche al trattamento anticoagulante abituale durante le fasi chirurgiche, sette lo modificavano in base alle caratteristiche del paziente, al tipo di procedura e alla tipologia di anticoagulante (53,9%).

Sono stati eseguiti 796 interventi di chirurgia orale; il più frequente quello di estrazioni singole o multiple (71,4%), poi il posizionamento di impianti (18,8%), scaling e root planing (3,3%), biopsie dei tessuti molli (2,2%), interventi di rigenerazione (1,4%), esposizione di impianti (1%), altri interventi come alveoloplastica, gengivoplastica, gengivectomia, enucleazione di cisti, drenaggio di ascessi (2%).

Si sono avuti 69 eventi di sanguinamento post-operatorio tra due ore e nove giorni dopo l’operazione. È emerso un rischio del 3,04 di sanguinamento post-operatorio dei pazienti in terapia con Nao, rispetto alla popolazione sana.

Nello specifico, il rischio di sanguinamento nei pazienti in terapia con rivaroxaban è del 4,13 mentre dell’1% nei pazienti che assumono dabigatran. Il rischio di sanguinamento dei Nao, quando comparato con i derivati cumarinici, è dello 0,82%.

Quindi, il rischio di sanguinamento è maggiore in chi assume Nao, in particolare in chi assume rivaroxaban, minore nei pazienti che prendono dabigatran.

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